IL TRIBUNALE Premesso che l'imputata Pedrazzoli Maria e' stata rinviata a giudizio per rispondere del reato di cui agli articoli 81, capov., 440 del c.p., per avere nella sua qualita' di titolare della omonima azienda agricola corrente in Gonzaga e con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, corrotto ed adulterato sostanze destinate all'alimentazione, nella specie carni bovine, prima che venissero distribuite per il consumo, in particolare somministrando ai bovini del proprio allevamento sostanze estrogene ed anabolizzanti al fine di ottenere un illecito accrescimento ponderale e cosi' rendendole pericolose per la salute pubblica; in Gonzaga, nel marzo del 1990; che nel corso del dibattimento e' stata disposta perizia tecnica, a seguito della quale si e' accertato che nelle carni di almeno due bovini provenienti dall'allevamento dell'imputata e macellati presso il macello A.C.M. di Reggio Emilia era presente, in quantita' rilevante, il dietilstilbestrolo, sostanza stilbenica, la cui elevatissima azione cancerogenetica e' universalmente riconosciuta dalla scienza medica; che a quest'ultimo riguardo il perito ha riferito che studi epidemiologici compiuti negli Stati Uniti d'America hanno dimostrato, su basi statistiche, l'azione causale del dietilstilbestrolo nell'insorgenza di tumori dell'apparato genitale in bambine in eta' pubere nate da madri che avevano assunto a scopo terapeutico la suddetta sostanza anche 10 anni prima del manifestarsi della malattia; che il perito ha altresi' soggiunto che il D.E.S. permane per molti mesi in concentrazioni pericolose per la salute umana delle carni degli animali trattati e che, dopo la macellazione, puo' essere rilevato anche a distanza di anni quando le carni siano conservate mediante congelamento; Considerato che il p.m. ha sostenuto al dibattimento che la condotta oggetto dell'imputazione deve ritenersi attualmente sanzionata esclusivamente ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 118, norma che punisce con la pena dell'arresto e dell'ammenda colui che somministra ad animali da azienda (cioe', come precisa l'art. 1 del predetto decreto legislativo, ad animali allevati per essere destinati all'alimentazione umana) sotto qualunque forma e per qualunque via sostanze stilbeniche; che questa tesi e' condivisa dal collegio, perche' la somministrazione ad animali destinati all'alimentazione umana di prodotti stilbenici rientra nell'ambito della condotta di adulterazione di sostanze destinate all'alimentazione prima che siano distribuite per il consumo, condotta punita ai sensi dell'art. 440 del c.p.; che pertanto, in virtu' del principio di specialita' di cui all'art. 15 del c.p., la condotta di chi adultera carni bovine destinate all'alimentazione umana mediante somministrazione agli animali di sostanze stilbeniche deve ritenersi sanzionata esclusivamente dall'art. 3 del decreto legislativo n. 118/1992; Ritenuto che, alla luce di questa interpretazione, il legislatore abbia palesemente violato il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, avendo riservato a colui che adultera carni bovine mediante somministrazione di sostanze stilbeniche un trattamento sanzionatorio di gran lunga piu' favorevole rispetto a quello previsto per la condotta di chi adultera qualunque altra sostanza alimentare diversa dalle carni bovine anche mediante l'impiego di additivi meno dannosi degli stilbenici; Considerato altresi' che questo diverso trattamento sanzionatorio non risponde ad alcun criterio di ragionevolezza, tenuto conto dell'elevatissima nocivita' delle sostanze stilbeniche, capaci di provocare gravissimi danni alla salute anche dopo molti anni dalla loro somministrazione;